Sformatino di cavolfiore

sformatino di cavolo con
cipolline borettane in agrodolce

Lo sformato è un piatto jolly, adatto come antipasto o contorno ma anche piatto unico. Sarà sufficiente variare un po’ ingredienti e dimensioni per servirlo nel momento del pasto che preferisci.

È anche un modo rapido per trasformare in qualcosa di speciale degli avanzi.

Io ho usato del cavolfiore avanzato dalla sera prima, lo avevo cotto al vapore e poi ripassato in forno con un po’ di olio e parmigiano. Ma potrai usare qualche altra verdura ed eventualmente cuocerla appositamente per preparare lo sformato: spinaci, porri, patate ecc…

Per prima cosa ho frullato il cavolo con un po’ di latte, la quantità sufficiente a rendere la verdura di una consistenza cremosa ma soda. 

A questo ho semplicemente aggiunto un uovo, del parmigiano grattugiato, un cucchiaio di farina di riso e della noce moscata.

Ho poi oliato degli stampini monoporzione, li ho cosparsi di pangrattato e ci ho versato dentro il composto. Dopo averli messi in forno caldo per 15-20 minuti, a 180 gradi, li ho lasciati intiepidire prima di sformarli e servirli.

Questa è una versione molto basica, perché fungendo da contorno non aveva bisogno di essere troppo carico e il gusto della verdura si doveva sentire bene.

Ma se vorrai renderlo più ricco, la besciamella, la pancetta, il prosciutto cotto, le olive, saranno perfetti; per un cuore filante aggiungi invece un po’ di mozzarella al centro.

Tatin salata di pomodorini

La Tarte Tatin è un dolce francese tradizionalmente a base di mele, creato a fine Ottocento dalle sorelle Tatin, ristoratrici di un paesino della valle della Loira; la sua particolarità consiste in una cottura rovesciata: la frutta sul fondo e la pasta sopra, per poi capovolgerlo dopo la cottura.

Ovviamente le versioni alternative si sprecano, ed oltre alle mele si possono usare tanti tipi di frutta; qui trovate una versione all’arancia.

Ma perché non farla in versione salata anche? Valida e scenografica alternativa alle più tradizionali torte salate.

Oggi ve ne propongo una estivissima, con i pomodori ciliegini.

Per il guscio ho usato la pasta al vino, ma potrete optare anche per una brisée, una frolla salata o la meno ricca pasta matta.

Per la pasta seguite questo link

per il ripieno:

  • pomodori ciliegini
  • zucchero
  • timo
  • capperi
  • acciughe
  • pangrattato
  • olio e.v.o
  • sale e pepe qb

Iniziate lavando e asciugando i pomodorini, divideteli a metà e adagiateli su carta assorbente rivolti verso il basso in modo che inizino a perdere un po’ d’acqua. Se necessario togliete un po’ di semi.

Foderate con carta forno una tortiera dai bordi bassi (tipo quelle da crostata) e cospargetela con un pochino di sale, del pepe, un cucchiaino o due di zucchero e delle foglie di timo (o origano se più vi aggrada); adagiateci i pomodorini con la metà aperta rivolta verso di voi e ponete in forno ventilato a 170° per circa 15-20 minuti in modo da eliminare l’acqua in eccesso. Intanto preparate la pasta come da ricetta e, a parte, anche un trito di capperi e acciughe che mischierete con un paio di cucchiai di pangrattato e un goccio di olio.

Una volta che i pomodori saranno asciutti, lasciateli raffreddare e poi cospargeteli col trito riempiendo le conchette dei pomodori (darà molto gusto e grazie al pangrattato si ovvierà all’eventuale umidità rimasta).

Stendete la pasta col matterello e poi posizionatela sui pomodori rincalzando i bordi all’interno della tortiera in modo che formi un guscio. Ponete in forno a 180-190° per circa 25-30 minuti.

Una volta estratta dal forno lasciatela intiepidire, poi con l’aiuto di un piatto o di un vassoio capovolgetela e versate sui pomodori un filo d’olio a crudo prima di servirla.

Coste in salsa

Un concetto alla base della mia cucina (scrisse la famosa cuoca pluristellata) che seguo sia per una questione di salute che per un principio ecologico e che qui vi ho ripetuto spesso, è quello di cucinare a partire dalle materie prime. Il massimo del prodotto manipolato che mi concedo sono i pomodori pelati.

Un altro principio di base (tempo e voglia permettendo, son sincera) è sfruttare al massimo i prodotti per ridurre al minimo gli sprechi.

In quest’ottica ho cucinato le costole di bietola al pomodoro.

Ingredienti:

– le costole (i gambi) avanzate dalla pulizia delle bietole

– pomodori pelati

– farina qb

– sale & pepe qb

– olio evo qb

Mettete a bollire una pentola d’acqua. Pulite le costole di bietola e tagliatele a metà se sono molto lunghe.

Quando l’acqua bolle, fate sbollentare le coste per un paio di minuti dopodiché scolatele, asciugatele e passatele in un po’ di farina.

Scaldate dell’olio in una padella e poi adagiateci le costole avendo cura di non sovrapporle; fatele dorare e ammorbidire; salatele.

Nel frattempo preparate una salsa di pomodoro con i pelati, un po’ d’olio, sale e pepe. Versate la salsa sui gambi di bietola ben dorati e ultimate la cottura.

Preparati prima e poi riscaldati saranno ancora meglio…come tutte le cose al sugo del resto!

Con il medesimo procedimento potrete cucinare i cardi.

Ho preso il toro per le corna

Ovvero, peperoni ripieni di quinoa.

Non conoscevo questi peperoni ma, come spesso accade, grazie al fornitore di verdura del mio amato gruppo d’acquisto solidale, li ho scoperti e apprezzati: perché belli, buoni e molto adatti ad essere farciti: sono i peperoni corna di toro**

Ingredienti

Peperoni corna di toro, 5*

Quinoa bianca, 1 tazza*

Acqua, 2 tazze

Salsa di pomodoro, qb*

Basilico, 4-5 foglie*

Capperi sotto sale, 2 belle manciate

Sale & pepe, qb

Olio e.v.o qb

Timo, qualche rametto*

 

 

Iniziate sciacquando la quinoa sotto l’acqua corrente; poi fate bollire le due tazze d’acqua e buttatecela dentro con un po’ di sale facendola cuocere finché i chicchi non si saranno aperti mostrando il loro ricciolino bianco. L’acqua dovrebbe essere stata assorbita tutta ma in ogni caso scolate la quinoa e lasciatela riposare un po’ in modo che si asciughi e i chicchi si sgranino facilmente.

 

Intanto preparate della salsa di pomodoro al basilico con un po’ d’olio sale e pepe: io sono partita da dei pomodori maturi ma potrete usare i pelati o la passata, l’importante è che profumi bene di basilico e di estate. Lasciatela raffreddare.

Lavate i peperoni, tagliate la parte superiore con il picciolo, togliete i semi e immergete in una pentola d’acqua che bolle i corni, sbollentandoli per 3-4 minuti. Toglieteli dall’acqua, lasciateli scolare e asciugateli con della carta da cucina.

 

Lavate i capperi e tritateli grossolanamente. Bagnate la quinoa con la salsa di pomodoro finché sarà ben colorita ma non liquida, unite i capperi, un goccio d’olio e aggiustate di sale e pepe.

A questo punto riempite i peperoni con la quinoa e adagiateli in una teglia foderata di carta forno e unta d’olio; salateli esternamente su tutti i lati, versate un filo d’olio e dei rametti di timo.

 

 

Fate cuocere in forno a 180 gradi per circa 30 minuti (ma potrete regolarvi meglio a occhio) rigirandoli a metà cottura.

Questa è una versione praticamente vegana e a mio avviso già gustosa così ma se preferirete, potrete aggiungere anche del formaggio, tipo parmigiano o formaggio a pasta filante.

*ingredienti biologici

**naturalmente andranno bene anche i classici peperoni quadrati

Torta rustica gorgonzola e fichi

L’albero di fico e il suo profumo sono una delle cose belle dell’estate. Il frutto poi è una vera goduria.

Se c’è una cosa che mi piace in cucina è il contrasto dei sapori e quindi ecco che le cose agrodolci mi piacciono, così come sentire la dolcezza dell’uvetta e la sua mollezza in un piatto salato (in effetti molto più che dentro ad un dolce). Adoro il formaggio con il miele, il cioccolato al peperoncino e il pepe nella marmellata di fragole. E allora un giorno, un paio di anni fa, ho deciso di unire due sapori assai diversi tra loro ma che fanno parte dei miei preferiti: il gorgonzola con i fichi.

 

Per la pasta matta:

 

250 gr farina*

130 gr acqua

35 gr di olio e.v.o*

1 cucchiaio di aceto di mele* (o aceto bianco o vino bianco)

sale q.b.*

Per il ripieno:

 

200 gr gorgonzola dolce

150 gr gorgonzola piccante

500 gr fichi

miele di acacia o di sulla*

timo

sale e pepe q.b

 

Mettete a fontana la farina, al centro mettete l’olio, un pizzico di sale e gradatamente l’acqua – lavorando l’impasto con una forchetta prima e con le mani poi. Controllate la consistenza via via che aggiungete l’acqua, la dose potrebbe variare in base alla farina, all’umidità, alla tipologia di olio.

Formate rapidamente una palla per poi farla riposare coperta, per almeno mezz’ora a temperatura ambiente.

Trascorso il tempo, stendete la pasta col mattarello su un disco di carta forno e adagiatela in una tortiera tonda.

Bucherellate il fondo con i rebbi di una forchetta e poi riempite con il gorgonzola dolce a pezzetti quindi con quello piccante.

Adagiateci i fichi spellati e aperti in due, salateli e pepateli, cospargete con tante foglioline di timo e infine con due cucchiai di miele.

Infornate a 180° per 25-30 minuti.

Lasciatela intiepidire prima di servirla, ancora meglio se potrete prepararla la mattina per la sera.

*ingredienti biologici

 

Cachi mela, frutti d’autunno. Alcuni spunti per usarli in cucina.

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Fornelli tremate le streghe son tornate!

E anche le massaie contemporanee; per quanto tempo, non è dato sapere ma tant’è; è una prerogativa delle casalinghe tsoccole – altra faccia delle massaie contemporanee – quella di andare e soprattutto venire quando vogliono.

Prendetemi finché ci sono insomma.

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In questi giorni, grazie al bel regalo di due amici, mi ritrovo in casa con un bel po’ di “cachi mela” e tra i vari esperimenti fatti per costruirci intorno qualche ricetta ve ne voglio segnalare due – uno salato e uno dolce:


Insalata di pollo, avocado e cachi-mela grigliati

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– 1 avocado maturo ma sodo 

– 1 o 2 cachi mela maturi ma sodi

– 2 o 3 fette di petto di pollo (maturo ma sodo? si, praticamente una milf d(a)elle carni bianche)

– olio e.v.o 

– sale e pepe

– aceto balsamico

Grigliate i petti di pollo salandoli leggermente da entrambi i lati una volta che ne avrete sigillato i succhi; intiepiditi, tagliateli a striscioline; intanto avrete sbucciato e tagliato a fette/spicchi i cachi e a questo punto potrete iniziare a grigliarli nella stessa griglia usata per il pollo (sarà sufficiente passarla con un po’ di carta per togliere le tracce più grossolane della precedentw cottura), salateli leggermente e uniteli alla carne e a questi aggiungete poi l’avocado tagliato a fettine (anche con una mandolina se la consistenza del frutto lo permette). A parte emulsionate olio, pepe, un poco di sale e aceto balsamico e condite la vostra insalata di pollo.

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Crumble di cachi mela (per 3 persone)

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– 4/6 cachi mela (secondo la grandezza)

– succo di 1/2 limone

– 50 gr di farina

– 50 gr di nocciole tritate finemente

– 65 gr di burro + un pezzettino

– 4 cucchiai di zucchero di canna chiaro

Preparate prima il crumble così da poterlo far riposare in frigo mentre preparate la frutta: in una ciotola unite la farina, 2 cucchiai di zucchero, la farina di nocciole e i 65 gr di burro ben freddo tagliato a cubetti; procedete pizzicando e lavorando gli ingredienti il meno possibile ottenendo un composto tutto briciole.

Sbucciate e tagliate a pezzettini i cachi mela. In un pentolino fate sciogliere un pezzettino di burro e unite la frutta, il succo di limone, gli altri 2 cucchiai di zucchero e fate cuocere a fiamma media per 5 minuti ( o almeno finché la frutta si sarà ammorbidita). Ungete una piccola pirofila o degli stampini monoporzione e ricopritene il fondo con la frutta cotta; 

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ricopritela con le briciole di impasto e infornate a 180 gradi per circa 20/25 minuti o fin quando lo strato di crumble sia ben dorato e ai bordi si sia formato un leggero “bruciaticcio” dovuto al caramello della frutta.

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Servite tiepido e accompagnato, per farlo ancora più goloso, da un po’ di gelato al fior di latte. 

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InsolitA AtalasnI

Questa la facevo da ragazzina quando mi divertivo a sperimentare. L’ho rifatta oggi è a distanza di tempo mi piace ancora molto. Un’insolita insalata con tonno, funghi champignon e parmigiano. Tutti ingredienti facili da reperire e che possono risolvere in velocità la cena.

   
   
Tagliate a fettine i funghi e conditeli con un’emulsione di olio e poco limone. Aggiungete il tonno e delle scaglie di parmigiano. Aggiungete un altro goccio d’olio, sale, pepe e un po’ di prezzemolo tritato (oppure un po’ di insalatina tenera) e il gioco è fatto. 

  

IRISH STYLE: insalata di patate e gamberi in salsa di whiskey

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   verde                                                musica                                                   trifogli                                          pub

                        mucche                                                 cieli                                            torba

             vento                              croci                                                  acqua                                viandanti

     cavalli                                                       birra                                             pecore                                         simboli

                             golf                                                  folletti                                                soprusi

      santi                                  oceano                                              gioventù                                         fiori

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La prima settimana di agosto sono stata in Irlanda con la mia mamma, esuberante e generosa settantatreenne appassionata di viaggi. Confesso che ogni tanto mi sento in imbarazzo, io che – forse per compensazione – in gruppo tendo all’invisibilità. Ma riconosco che la sua vitalità e simpatia surclassano quelle di tante persone ben più giovani di lei – me compresa.

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In Irlanda c’erano 15 gradi e si indossava il piumino ma se si beveva l’irish coffee alle 10,00 di mattina poi si stava ben caldi per tutta la giornata.

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In Irlanda ci sono valori antichi ma prese di posizione estremamente moderne. In Irlanda ho mangiato le ostriche più grandi che abbia assaggiato, anche troppo mi permetto di dire, ché buttarle giù in un sol boccone era impossibile.

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In Irlanda hanno sprecato un granchio portandomelo affogato nella panna, che anche lui che sapeva nuotare si è arreso sdraiandosi inerte sul fondo della pirofila con un capo d’aglio attaccato al collo.

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In Irlanda ci sono tante patate che se ci fosse stato mio marito sarebbe stato come un bambino in un negozio di dolciumi (e già qui si può fare della facile ironia, figuratevi se sentivate il racconto del fungo della patata…).

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In Irlanda c’è la guinness che pensavo non mi sarebbe piaciuta e invece…

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In Irlanda c’è il fish and chips (o meglio il cob and fish) con le patate fritte vere e un trancio intero di pesce che ti fa rimanere male perché l’abitudine te l’hanno data i tocchetti ordinati dei fast food e tu il filetto intero mica te l’aspetti. Però che buono!

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Dall’Irlanda ho riportato 830 foto, cappelli di lana e un trancio di salmone affumicato a freddo. Sono pochissimi gli stabilimenti che affumicano il pesce a freddo (ovvero ad una temperatura che non supera i 20-22° contro gli 80-120° del metodo più praticato), perché ci vogliono giorni invece che ore e la resa commerciale dunque è assai più bassa. L’altra sera ho deciso di cimentarmi dunque in una cena di ispirazone irish e se vi va, racconto come è andata.

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Il salmone era davvero buono, il sapore dell’affumicatura delicato come il colore rosa tenue del trancio e l’ho accompagnato molto semplicemente con del pane tostato spalmato di burro (al quale però, dopo averlo ammorbidito, avevo aggiunto prezzemolo tritato e scorza grattugiata di limone).

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E poi mi sono cimentata con una

insalata di patate e gamberi in salsa di whiskey

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4-5 patate di media grandezza

125 gr di gamberoni precotti (sgusciati)

3-4 dita di whiskey (i più bevuti in Irlanda? Jameson, Powers e Tullamore Dew)

½ bicchiere di latte parzialmente scremato (ma ve lo dico, gli irlandesi avrebbero usato la panna fresca)

½ cipolla

½ cucchiaino di concentrato di pomodoro

prezzemolo tritato q.b.

sale e pepe q.b.

farina q.b.

Olio e.v.o q.b.

Ho lessato le patate in acqua salata dopo averle sbucciate e tagliate a tocchetti abbastanza piccoli. Ho infarinato e saltato in padella i gamberi con un goccio d’olio e un pizzico di sale.

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In un pentolino ho fatto appassire la cipolla nell’olio, ho aggiunto il whiskey facendolo evaporare un po’, dopodiché ho aggiunto il latte, un po’ di prezzemolo, sale e pepe, il concentrato di pomodoro e un po’ di farina per far addensare il tutto. Infine ho frullato la salsa ottenuta col frullatore a immersione. Ho unito tutti gli ingredienti e ho servito il piatto a temperatura ambiente con una spolverata di prezzemolo tritato.

La cena è stata irrorata da una birra irlandese scura, simile alla guinness, che ho trovato al supermercato tra le birre artigianali e che ho trovato molto buona: la O’ hara’ s

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Il risultato mi ha soddisfatta molto, spero piaccia anche a voi

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p.s. in Irlanda anche la carne è molto buona e sicuramente da provare è lo stufato di agnello alla giunness

Millefoglie di salmone

  
Voglia di cucinar…saltami addosso! 

In questi giorni di caldo, con pochissima voglia di usare i fornelli, mi ingegno per non farlo. E se non vado a cena fuori (sempre la scelta più allettante) penso a piatti freddi. 

Qualche sera fa mi è venuto fuori un piatto niente male e qui ve lo propongo. Avevo comprato del salmone fresco tagliato sottile, per carpaccio e ho pensato di condirlo con la classica emulsione di olio e limone ma  con l’aggiunta di tante erbe aromatiche fresche (io: basilico, prezzemolo e menta); si tratta di fare un pistou frullando l’olio, il succo di limone filtrato, le erbe e un po’ di sale grosso.

  
Le fette di salmone erano piuttosto strette e lunghe e così ho pensato  di servire il carpaccio su dei piccoli vassoi rettangolari, procedendo a strati: ho tagliato le fette di pesce a misura del piatto e ho proceduto alternandole col pistou (che grazie al limone servirà alla marinatura) e foglie di insalatina al centro.  Ho lasciato marinare 20-30 minuti e poi l’ho servito con semi di girasole e una grattata di pepe nero.

 

Qui la versione con branzino e pistacchi
 

Circumnavigando la tiella (TIELLE SETOISE)

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Conoscete il cantautore francese Georges Brassens? Considerato un grande maestro della canzone d’autore è stato poeta, attore e scrittore di Sète – nel sud della Francia – morto all’età di 60 anni, nel 1981. Se non direttamente forse lo conoscete tramite Fabrizio De André che ne tradusse una canzone in “il gorilla” (le gorille).

A Sète c’è un bel museo dedicato all’autore di alcune delle più belle, ironiche e dissacranti canzoni che abbia ascoltato e sicuramente andarci vale la pena. Non solo per la chanson francaise perché la cittadina portuale, patria anche di Paul Valérie, si trova in una zona bellissima della Francia, l’Hérault nella Languedoc-Roussillon, in mezzo allo stagno di Thau famoso per l’allevamento dei frutti di mare, accanto a Frontignan patria del vino Muscat, sulla strada per le saline della Camargue. Fate una visita al MIAM (il museo internazionale dell’arte “modesta”) e poi recatevi in rue Gambetta, dove potrete trovare la fromagérie “Lou Pastrou” (“il pastore”, in lingua occitana) dalla quale sono stata portata via a forza dopo aver abbracciato e baciato la grande boîte del burro. Se ci andate in agosto, durante la festa di Saint Louis potrete assistere alla giostra che si tiene sui canali, che mostra due avversari posizionati sulla prora di altrettante imbarcazioni e armati di lancia e scudo in legno che si assaltano per far cadere in acqua l’avversario. Potrete stare seduti sulle gradinate posizionate all’uopo lungo il canale e assistere alla gara mangiando una tiella.

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La “Tielle sétoise”, la tiella di Sète, è una torta salata a base di polpo o piccole seppie in umido che i marinai si portavano in barca quando uscivano a pesca. Sembra che la ricetta sia nata grazie all’idea di un italiano (me lo ha detto un francese…di larghe vedute) che negli anni ’30 del secolo scorso (…silenzio…ho quasi 40 anni…) la pensò per poter sfruttare quei polpi che, in qualche modo sciupati nell’aspetto, non potevano essere venduti.

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Quando l’ho assaggiata la prima volta non credevo al mio palato e sinceramente non so più quante ne ho mangiate. Mi sono portata a casa una cartolina che riportava la ricetta. Naturalmente sommaria, ho poi scoperto. E sono seguiti vari tentativi culinari dai risultati altalenanti. Quello che non mi soddisfa mai è la pasta, sempre troppo lontana dal mio ricordo; forse idealizzato, come succede per gli amori fugaci. L’ultima versione però è risultata davvero buona; tanto da perdonare alla pasta il suo non essere il mio primo amore e riconoscerla per quello che è, come si fa con un amore vero.

Les amoureux des bancs publics

La tiella può essere preparata sia con la pasta di pane che con la pasta al vino. Io che con le paste a lievitazione sono una frana, ho optato per la seconda versione; interessante anche perché diversa rispetto alla pasta al vino che preparo spesso e più simile alla pasta brisée.

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Per la pasta:

Farina 250 gr

Olio e.v.o 4 cucchiai

Vino bianco secco 50ml

1 uovo

un pizzico di sale

(queste sono le dosi che ho usato l’ultima volta ma secondo me possono essere aumentate un po’ – 300 gr di farina? – per rendere più spesso lo strato di pasta e dare una consistenza più sostanziosa al morso)

Per il ripieno:

Polpo 500-700gr (o delle seppioline o un misto dei due)

Pomodori pelati, 1 barattolo

1 cipolla dorata

1 spicchio d’aglio

Zafferano, qualche pistillo di

Peperoncino (facoltativo)

Concentrato di pomodoro

Sale q.b.

Olio e.v.o qb

Per cuocere il polpo mettetelo in una grossa pentola piena d’acqua con un po’ di aceto e qualche tappo di sughero. Accendete il fuoco e fate cuocere 30 minuti da quando l’acqua stacca il bollore. Lasciare intiepidire nell’acqua di cottura quindi tagliarlo a pezzetti abbastanza piccoli.

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Tritate aglio, cipolla ( e un po’ di peperoncino se vi piace) e fateli rosolare in padella; aggiungete il pomodoro, e salate. Fate insaporire per qualche minuto quindi aggiungete 1 cucchiaino di concentrato di pomodoro, qualche pistillo di zafferano e infine il polpo. Fate cuocere il tutto a fuoco moderato per 20-25 minuti. Una volta terminata la cottura del polpo fatelo raffreddare bene. Intanto preparate la pasta sbattendo in una ciotola l’uovo con l’olio, il vino e un pizzico di sale; aggiungete la farina e lavorate la pasta fino a renderla omogenea; dividetela in due porzioni, una delle quali un po’ più grande (1/3 e 2/3). Prendete quest’ultima e stendetela a disco su un foglio di carta forno che poi adagierete in uno stampo a cerniera o in una pirofila tonda dal bordo abbastanza alto. Versateci il polpo in umido e copritelo con l’altro disco di pasta che intanto avrete steso, facendo attenzione a sigillare bene i bordi. Spennellate la superficie con un po’ di latte e mettete in forno caldo a 180° per 25-30 minuti.

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L’ho servita accompagnata da un’insalatina di sedano, olive taggiasche e capperi tritati.

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Et voici mon naviguer entre les souvenirs…

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Burger vegetale, oooohhhhh yes!

Burger vegetale
Burger vegetale

Marò come sono soddisfatta! Ho fatto il mio primo burger vegetale con tutti i crismi. In effetti avevo già azzardato qualcosa con le lenticchie ma con poca cura e tutt’altro concetto; questa volta ho composto il panino più famoso del mondo, quello che è un vanto (probabilmente l’unico) della cucina americana (che mi pare già una contraddizione in termini) e che Mister McD. ha trasformato in una delle più grandi atrocità culinarie di tutti i tempi. La scelta vegetale non ha alcuna intenzione di sostituire e neanche ombreggiare l’hamburger naturalmente, solo un modo diverso di mangiare i legumi e soprattutto un pretesto per giocare con strati e salsine. Risultando poi come uno strano incontro tra hamburger e falafel.

Quello che mi ha convinta, se mai ce ne fosse stato bisogno, è l’aver trovato un giusto compromesso per il pane, ovvero i maxiburger trovati alla COOP senza alcool né conservanti e con degli ingredienti piuttosto basilari e di buona qualità (olio e.v.o) – senza aggiunte inquietanti. Molto buoni inoltre.

Per 2 burger:

  • 250gr di ceci cotti (li ho presi già cotti: AlceNeroBio)*

  • ½ cipolla bianca*

  • rosmarino tritato*

  • olio*

  • sale e pepe

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Per la farcitura:

  • fette di melanzane grigliate*

  • fette di pomodoro*

  • insalatina

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Per la salsa:

  • yogurt magro*

  • ricotta*

  • senape

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Affettare la cipolla e appassirla in padella con un po’ d’olio e il trito di rosmarino, aggiungerla ai ceci e mixare tutto con un po’ di sale e pepe, aggiungendo olio crudo se necessario per formare una pasta omogenea e liscia. Con le mani compattare l’impasto in una palla e poi dividerla in due più piccole da schiacciare tra due fogli di carta forno (dando la classica forma tonda del burger di carne) e lasciarle riposare in frigo per qualche ora.

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Cuocerli in padella antiaderente molto calda 4-5 minuti per ciascun lato.

Per la salsa sbattere o frullare un vasetto di yogurt con 2 cucchiaini di senape (Maille) e 2-3 cucchiai di ricotta di mucca.

Al momento della cottura tagliare per il mezzo i panini e scaldare la base su una griglia da ambo i lati. Mentre scaldate la parte superiore spalmate quella già calda con un po’ di salsa e poi procedete a strati:

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insalatina, fette di pomodoro, melanzane grigliate, burger e di nuovo salsa abbondante.

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Chiudere il panino e svitare la mandibola!

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Dieta si ma profumata!

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Coniugi a dieta. Inutile dire che la cosa è piuttosto scocciante. C’e di buono che è estate e risulta tutto in po’ più facile.
Ieri con l’insalatona mista (insalata, pomodori, cetrioli, tonno e carote) e le gallette sottili di farro (a mio gusto molto più buone e saporite di quelle di riso che proprio non riesco a farmi piacere) ho fatto un piccolo esperimento aggiungendo delle erbe aromatiche. Foglie intere (non troppo grandi) di basilico, prezzemolo e menta hanno dato gusto e freschezza all’insalata.
Da replicare alla prossima. Ovvero molto presto. 😣

La “ceciata” – mi cucinano così ma non chiamatemi frittata!

mi cucinano così ma non chiamatemi frittata

CECIATA è il nome che mi sono inventata per quel piatto che solitamente viene chiamato “frittata finta” o “frittata vegana” perché ha l’aspetto di una frittata ma è fatta con la farina di ceci – e di uova neanche l’ombra. In questa assenza non c’è proprio niente di male; quello che proprio non sopporto è la mania veg di imitare, nell’aspetto e nel nome, piatti comunemente consumati da noi “onnivori” a base però di ingredienti vegetali. Il seitan, il muscolo di grano e tutti quegli alimenti vegetali ricchi di proteine che comunemente si usano nella cucina vegetariana e vegana (e che io non disdegno affatto nella mia di cucina) vengono solitamente venduti, cucinati, chiamati e pubblicizzati in modo da ricordare piatti più comuni, salvo poi rivelarsi in tutta la loro diversa sostanza nel momento stesso in cui toccano la prima papilla gustativa. Sembra quasi una sorta di “vorrei ma non posso” e invece non c’è niente di più falso perché solitamente chi ha scelto di seguire una dieta priva di alimenti di origine animale è assolutamente motivato e convinto della propria scelta e, a ragione, anche felice di poter assaporare piatti che spesso non hanno niente da invidiare a quelli con ingredienti di origine animale. Ma allora perché, mi domando, la bresaola di muscolo di grano? Che nell’aspetto somiglia tanto a quello di uno dei miei affettati preferiti e al sapore ovviamente è tutta un’altra cosa? Tra l’altro, questa discrepanza tra l’aspetto e il sapore, secondo me va a scapito di questi alimenti e rafforza, nei mangiatori di tradizione, l’idea che i prodotti veg non siano buoni. Il nostro cervello è una gran macchina, ma ingannarlo non sempre è proficuo: se faccio assaggiare al mio babbo settantenne una cosa che somiglia alla bresaola ma che poi ha un sapore completamente diverso, è sicuro che lui – in barba a tutte le mie spiegazioni – penserà che quell’alimento non è buono. Ecco, trovo semplicemente che per dare piena dignità a questi cibi gli si debba riconoscere una loro unicità, una – passatemi l’espressione -differenza di genere.

Ma veniamo alla Ceciata che, vi assicuro, alla frittata non ci somiglia minimamente (somiglia molto più alla cecina naturalmente) ma è altrettanto buona:

150gr di farina di ceci*

un bicchiere e mezzo di acqua

un pizzico di sale*

olio e.v.o*

pepe nero

verdure a piacere*

In una ciotola unire alla farina di ceci l’acqua, un cucchiaio d’olio, un pizzico di sale e mischiare bene facendo attenzione a non lasciare grumi. In una padella saltare delle verdure a piacere e, una volta cotte, unire la pastella (che risulterà non troppo soda) e far cuocere bene da entrambi i lati (più a lungo di quanto non si faccia con le uova). Prima di servire macinare sopra un po’ di pepe. Ottima anche come antipasto o per un aperitivo tagliata a piccoli rombi; è buona sia calda che appena tiepida.

*ingredienti biologici

Domani, più panìco e meno uccelli!

Più (polpette di) miglio e meno uccelli
Più (polpette di) miglio e meno uccelli

Il detto fiorentino originale – che ammonisce chiunque dal fare il passo più lungo della gamba (se non puoi permetterti il becchime tieni meno uccelli) – recita “UN ALTR’ANNO, più panìco e meno uccelli” ma figuriamoci se aspetto così tanto prima di ricucinare le polpette di miglio; quando le ho provate la prima volta circa 10 giorni fa, le ho fatte per due giorni di seguito tanto mi sono piaciute.

Il miglio in terrazza. I semi ce li dettero ad una mostra a Palazzo Strozzi
Il miglio in terrazza. I semi ce li dettero ad una mostra a Palazzo Strozzi

Il miglio, ovvero il panìcum miliaceum, è un cereale minore (sarà perché ha i chicchi così piccoli?) che io non amo (sarà perché ha i chicchi così piccoli?) pur avendolo anche ospitato tra le mie colture in terrazza. Qualche tempo fa ne ho comprata una confezione; il perché non lo so, fa parte di quei misteriosi meccanismi cerebrali di una massaia con bisogni di compensazione.

A quel punto comunque dovevo trovare un’alternativa valida a due, egualmente insopportabili, soluzioni del problema:

  1. cucinarlo come primo piatto (in zuppa o asciutto) per poi mangiarne due cucchiai e lasciarlo a stazionare in frigo per giorni e poi buttarlo via

  2. lasciarlo nella dispensa per molto tempo. Molto, molto tempo. Moltissimo tempo. E poi buttarlo via.

L’alternativa si è presentata sotto forma di polpetta, ed è stato amore al primo morso (sarà perché ha i chicchi così piccoli? Forse, perché in effetti quella capacità di ammapparsi che solitamente non sopporto in questo cereale, per fare le polpette diventa un’arma segreta per la loro buona riuscita e gradevolissima consistenza**)

Ingredienti per circa 30 polpette:

1 tazza di miglio*

2 tazze di acqua*

2 carote*

1 costa di sedano*

1 porro*

verza* o altra verdura a piacere (broccoli, zucca…)

1 uovo*

1 cucchiaino di curcuma

gomasio* (oppure semi di sesamo)

pangrattato

olio e.v.o*

Cuocere il miglio facendolo lessare nelle due tazze d’acqua con un pochino di sale per circa 20 minuti, quando l’acqua dovrebbe essere assorbita. Se dovesse cuocere un po’ di più non preoccupatevi tanto diventerà una polpetta.

Affettare il porro e tritare le carote con il sedano e far appassire tutto nella padella con l’olio, aggiungendo se necessaria un po’ d’acqua, affinché le verdure restino morbide. Tagliare la verza a striscioline sottili e aggiungerla alle verdure; far saltare un pochino poi aggiungere la curcuma e il gomasio, oppure il sale e dei semi di sesamo tostati (facoltativi secondo i gusti naturalmente). Terminare la cottura, poi lasciare intiepidire sia il miglio che le verdure e infine unire tutto in una zuppiera; aggiungere l’uovo (se l’impasto risultasse troppo liquido unire un po’ di pangrattato). A questo punto formare delle palline e passarle nel pangrattato (avendo cura di sciacquarvi spesso le mani altrimenti nell’impasto che state maneggiando finirà troppo pangrattato e le polpette potranno risultare un po’ dure : mi è successo una volta con delle polpette di baccalà, un vero peccato). Disporre le polpette in una pirofila o una teglia foderata di carta forno, versare un filo d’olio e infornare a 180°. Cuocere 10-15 minuti per lato.

Sono buone sia calde che fredde. Ne voglio un kilometro, anzi un miglio!

* ingredienti biologici

** fin’ora vi ho mai parlato di consistenza? No? Strano perché secondo mia mamma “consistenza” è la parola che pronuncio più spesso parlando di cibo. A voi non sembra importante la consistenza?

Il riso sulle labbra

Il riso sulle labbra
Il riso sulle labbra

Ieri, per la cena pre-natalizia del G.A.S che aveva come tema un “giro di risotti”, io ho fatto una piccola virata e ho sperimentato uno sformato di riso. E quanto mi è piaciuto!

Sformato di riso

Ecco dunque, che col riso sulle labbra, vi propongo la ricetta che può essere realizzata in un unico stampo o negli stampini a porzione:

x 350 gr. di riso (io ho usato quello semi integrale)*

X 200 gr di mozzarella fior di latte*

X 100 gr. di prosciutto arrosto

x 1 bicchiere di latte freddo parzialmente scremato

x noce moscata q.b.

x 8 cucchiai di parmigiano grattugiato*

X 1 uovo (piuttosto grande)*

x sale q.b.* (io uso sempre quello integrale perché la raffinazione è una maledizione! E siccome il sale integrale è sempre grosso, e non in tutte le ricette lo si può usare così, io lo frullo nel mixer)

X olio e.v.o*

Lessare il riso e poi metterlo in una terrina dopo averlo ben scolato. Spolverizzarlo con noce moscata grattugiata quindi aggiungere il bicchiere di latte freddo. Unire l’uovo e mescolare bene. Tagliare a dadini la mozzarella e aggiungerne metà al composto. Infine unire 5 cucchiai di parmigiano grattugiato ed un pizzico abbondante di sale.

Dopo aver foderato una pirofila tonda con carta da forno versare all’interno metà del composto. Livellarlo con una forchetta e sistemare sopra prima le fette di prosciutto arrosto e poi la mozzarella a dadini.

Quindi versare il rimanente composto a base di riso come ultimo strato livellandolo con i rebbi della forchetta (che bella parola “rebbi”!). Spolverizzare col restante parmigiano e bagnare la superficie con un filo di olio extravergine di oliva.

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A questo punto mettere in forno già caldo a 180° e lasciar cuocere per una mezz’ora o finché la superficie del tortino si sarà dorata. Una volta tolto dal forno lasciarlo intiepidire prima di servirlo in tavola.

p.s. Io a questi ingredienti ho aggiunto anche del cavolo fiolaro, un tipo di cavolo simile a quello nero ma dal sapore più delicato.

Cavolo fiolaro
Cavolo fiolaro

*ingredienti biologici