La capellona sul terrazzo (Pesto di erba cipollina)

La mia passione per i pestati rasenta la fissazione – e questo ormai si era già scritto e si era già letto.

Il lato positivo è che ciò mi porta di tanto in tanto alla scoperta di piccole perle culinarie.

Amando molto coltivare erbe aromatiche sul mio bel terrazzo, mi trovo ad essere ispirata dalla materia prima, che essendo a portata di mano mi permette di verificare immediatamente l’intuizione gastronomica.

Tra le mie piante aromatiche quella di erba cipollina è una delle più belle, così verde e scapigliata, capace di regalare a primavera tanti bellissimi fiori violacei ottimi nell’insalata.

Come ogni bella capellona, anche la cipollina ha bisogno che la sua chioma venga spuntata affinché resti sempre folta e morbida. Si usa infatti tagliare i fili di erba cipollina alla base, procedendo a settori; togliendo dei bei ciuffi in un lato prescelto in modo che poi, mentre di volta in volta si tagliano altre ciocche, si da modo a quelle di ricrescere fresche e tenere, pronte per essere nuovamente colte.

I suoi fili oltre a regalare gusto e freschezza a tanti piatti (come sa sgrassare lei il gusto del salmone, nessun’altra), sono molto utili per legare artisticamente fagottini e involtini (tipo quelli di bresaola ripiena di formaggio fresco) e molto belli per impiattare in maniera elegante e originale.

Inoltre, per quelli che come me soffrono di SII (sindrome dell’intestino irritabile), l’erba cipollina può costituire una interessante alternativa alla cipolla.

Per tutto questo, ho deciso di provarla in uno dei modi che ancora non avevo esplorato: il pesto, adatto soprattutto a crostini o come accompagnamento di formaggi.

Tre o quattro ingredienti e il frullatore a immersione, questo è tutto ciò che vi servirà per creare un antipasto inconsueto o uno stuzzicante finger food.

  • Erba cipollina, qb
  • Farina di mandorle, qb
  • Olio evo, qb
    Sale, un pizzico

Frullare gli ingredienti aggiungendo l’olio e la farina di mandorle gradualmente in modo da trovare il giusto equilibrio e la consistenza che più vi aggrada.

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Coste in salsa

Un concetto alla base della mia cucina (scrisse la famosa cuoca pluristellata) che seguo sia per una questione di salute che per un principio ecologico e che qui vi ho ripetuto spesso, è quello di cucinare a partire dalle materie prime. Il massimo del prodotto manipolato che mi concedo sono i pomodori pelati.

Un altro principio di base (tempo e voglia permettendo, son sincera) è sfruttare al massimo i prodotti per ridurre al minimo gli sprechi.

In quest’ottica ho cucinato le costole di bietola al pomodoro.

Ingredienti:

– le costole (i gambi) avanzate dalla pulizia delle bietole

– pomodori pelati

– farina qb

– sale & pepe qb

– olio evo qb

Mettete a bollire una pentola d’acqua. Pulite le costole di bietola e tagliatele a metà se sono molto lunghe.

Quando l’acqua bolle, fate sbollentare le coste per un paio di minuti dopodiché scolatele, asciugatele e passatele in un po’ di farina.

Scaldate dell’olio in una padella e poi adagiateci le costole avendo cura di non sovrapporle; fatele dorare e ammorbidire; salatele.

Nel frattempo preparate una salsa di pomodoro con i pelati, un po’ d’olio, sale e pepe. Versate la salsa sui gambi di bietola ben dorati e ultimate la cottura.

Preparati prima e poi riscaldati saranno ancora meglio…come tutte le cose al sugo del resto!

Con il medesimo procedimento potrete cucinare i cardi.

Ragù di zucca e olive nere

È arrivata l’ora di salutare la zucca.

< Ciao bella mia, abbiamo trascorso una buona stagione, tra risotti, vellutate e tegliate di verdure al forno. Ti abbraccio, cirisentiamoasettembre, stammi bene. >

Aprile è arrivato, la Pasquetta volge al termine e quindi oggi 2 aprile 2018, saluto la zucca e la metto a nanna fino alla prossima stagione.

Per onorare l’ultima “mantovana” che cucinerò da qui ad autunno mi sono fatta un buon “ragù” di zucca – lo chiamo così in virtù del fatto che la verdura sia tritata; così come la macinata di carne nel ragù vero.

– zucca (già pulita) 300 gr

– porri 1

– olive nere denocciolate

– alloro 1 foglia

– vino rosso 1/2 bicchiere

– olio, sale, peperoncino q.b

– acqua calda q.b

Affettate finemente il porro e rosolatelo in un tegame con l’olio.

Aggiungete la zucca tritata nel mixer e fatela appassire salandola un po’;

unite la foglia di alloro, peperoncino secondo il vostro gusto e sfumate col vino rosso.

Aggiungete le olive anch’esse tritate nel mixer.

Aggiungete un po’ di acqua calda e portate a cottura aggiustando di sale e aggiungendo eventualmente un po’ d’olio. Una volta cotto il sugo, passatelo col frullatore a immersione in modo da renderlo più cremoso.

Una volta cotta la pasta aggiungete un po’ d’acqua di cottura e saltare la pasta nel tegame insieme al sugo.

Budino al cioccolato, calore assicurato

Ancora oggi, 11 marzo, l’inverno non accenna ad uscire di scena. Dopo la neve, la pioggia torrenziale e le temperature destinate, pare, a scendere nuovamente.

E allora sai che si fa? Si prepara una cosa golosa, che scalda il corpo e rallegra la mente. Pochissimi minuti, un frullatore e torna il buonumore.

Ingredienti:

2/3 avocados piccoli (io quelli di “Sicilia Avocado” che sono bio e viaggiano meno di quelli sudamericani)

1 cucchiaio di cacao amaro bio

50 gr di cioccolato fondente 70%

sciroppo d’acero o d’agave bio q.b secondo i gusti

1 tazzina di caffè o di latte vegetale

nocciole intere per guarnire

Far sciogliere a bagnomaria il cioccolato. Sbucciare e tagliare a pezzetti gli avocados e inserirli nel frullatore insieme a tutti gli altri ingredienti. Frullare fino ad ottenere una crema morbida e assaggiare per capire se sufficientemente dolce – eventualmente aggiungere altro sciroppo. Versare in coppette o bicchierini non troppo grandi, è un dolce al cucchiaio piuttosto sostanzioso piacevole da mangiare più spesso in piccole dosi. Come ha detto un amico oggi: “ora basta ma tra mezz’ora ne voglio un altro”.

Guarnire con del cioccolato fondente grattugiato e una nocciola intera.

E sperare comunque che la primavera arrivi presto perché per quanto sia buono il budino niente è più bello del sole e del teporino!

Una cascata di riccioli (Spaghetti di zucchine al pesto fantasia)

Quella degli spaghetti di zucchine mi sembrava quasi una leggenda metropolitana; ho visto fior fior di fotografie su Instagram, ho letto articoli di foodbloggers che fanno tendenza, ho letto varie ricette e infine li ho assaggiati – ma cucinati da uno chef (ovvero persona capace e avvezza alla più complessa manualità culinaria). Ma io immaginavo cuochine bugiarde che immortalavano set fasulli – con spaghetti di grano arrotolati e poi tinti di verde – dopo aver scagliato contro la parete la macchinetta infernale, la spiralizzatrice (!!!), che poc’anzi probabilmente aveva spappolato 600-700gr abbondanti di bio zucchine perfette, dritte come fusi e belle sode. 

E invece no, l’aggeggio funziona davvero e io stasera mi sono mangiata un bel piatto di spaghetti di zucchine conditi con un pesto che era la fine del mondo e che, benché felice di aver contribuito al successo della cena, ad un certo punto mi ha fissata mandandomi un messaggio telepatico che diceva più o meno così:

< domani ci si riprova con la roba seria eh, che altrimenti mi va a male la reputazione! >  

Quindi di seguito troverete la ricetta degli spaghetti di zucchine al pesto fantasia; sughetto che ben si adatterà anche ad un bel piatto di pasta tradizionale. 

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Per gli spaghetti:

una volta acquistato lo spiralizer preferito, scegliete attentamente le zucchine: naturalmente saranno bio; abbastanza grosse di diametro (secondo le dimensioni del proprio neo attrezzo); senza troppe imperfezioni e piuttosto dritte, per facilitarne il taglio.

Eliminate le estremità e togliete la buccia se volete – seguite i vostri gusti ed eventualmente aiutatevi con un pelapatate.

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Procedete alla formazione dei riccioli e una volta terminata questa operazione scaldate una piastra o una padella antiaderente, ungetela leggermente strofinandola con un tovagliolo imbevuto d’olio. Una volta calda, cospargete la piastra con un po’ di gomasio (facoltativo); aggiungete gli spaghetti e senza toccarli fate andare un paio di minuti a fuoco vivo poi toglieteli e conditeli col pesto.

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Preparate prima il pesto, così potrete dedicarvi all’ultimo momento al taglio delle verdure che in tal modo saranno belle croccanti e fresche.

Per il pesto:

  • basilico fresco bio 20 gr

  • foglie di menta secondo i gusti (considerate che la freschezza della menta deve essere ben chiara tra i sapori, senza però divenire sentore troppo acuto)

  • mandorle spellate 1 cucchiaio

  • pinoli 1 cucchiaio

  • succo di limone 1 cucchiaio

  • formaggio spalmabile 1 cucchiaio (io philadelphia senza lattosio)

  • due pomodori da insalata non troppo grandi (tolti i semi e le costole più dure e tagliati a pezzi)

  • 1 pomodoro secco

  • olio q.b

  • sale e pepe q.b

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Unire tutti gli ingredienti e frullare col frullatore a immersione procedendo poco alla volta nell’aggiungere l’olio fino a raggiungere la consistenza cremosa tipica dei pesti. Se prima di condire il piatto, il pesto si fosse un po’ rappreso, stemperatelo con poca acqua tiepida.

Della composizione del piatto:

  • mozzarella fiordilatte

  • olive nere denocciolate

Una volta conditi gli spaghetti (avendo l’accortezza di non smuoverli troppo affinché non si spezzino), impiattarli cospargendone poi la sommità con una dadolata di mozzarella e olive.

Un filo d’olio e bon appetit!

 

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Strudel di pere, cioccolato e nocciole. La consolazione e la nostalgia.

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Si parla spesso del cibo come consolazione ma anche il cucinare è un vero atto consolatorio; tante metafore quante sono le azioni da compiere.

In uno dei tanti giorni in cui chiedere di essere consolata mi è più difficile del solito, in cui la me stessa energica e ottimista appare come un miraggio e la nostalgia di lei mi fa apparire come la sua ombra,

aprire il frigo è come vedere la luce in fondo al tunnel,

mischiare, sbattere e brandire mestoli è impedirmi di rimanere inerte,

accendere i fornelli è ricordare a me stessa che il calore che non sento è quello cui manca la scintilla e che quella scintilla devo innescarla io

e unire ingredienti è come inventare nuove possibilità.

E allora spero che la delizia che è uscita dal forno sia l’equivalente culinario di una reinvenzione della vita: ricca, dolce, calda e fatta di tante cose insieme.

Strudel di cioccolato, pere e nocciole

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per la pasta:

200 gr di farina 0

80 gr di olio e.v.o

60 gr di acqua fredda

2 cucchiaini di zucchero di canna chiaro

per il ripieno:

600 gr di pere

130 gr di zucchero di canna grezzo

60/70 gr di nocciole tritate finemente

2 cucchiai di pangrattato

100 gr di cioccolato fondente 70%

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Nel mixer mettete la farina con lo zucchero e l’olio, frullate fino ad ottenere un composto granuloso poi aggiungete l’acqua, mixate ancora e infine compattate l’impasto a mano, fatene una palla, avvolgetela in pellicola trasparente e mettetela in frigo per circa mezz’ora.

Intanto sbucciate le pere e dopo aver tolto il torsolo fatele a fettine e in una zuppiera unitele a tutti gli altri ingredienti (la cioccolata tritatela a coltello).

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Stendete la pasta su un foglio di carta forno e al centro ponete il ripieno.

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Chiudete lo strudel e mettetelo nel forno caldo a 180° per circa 40/45 minuti.

IMG_0179Naturalmente è una bomba calorica ma si è mai consolato qualcuno con un prodotto dietetico?

Zuppa di pomodoro fredda

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Ci resta ancora un po’ di estate. L’autunno non ha ancora riempito il suo sacco e alcuni giorni sono ancora sparsi sulla strada che ci porta ad esso. Un avanzo, un rigurgito, l’ultimo vagito di stagione. E allora non posso che riempirmi la bocca di rosso, freddo e pomodoro per addolcire la nostalgia che già mi coglie.

Zuppa di pomodoro fredda:

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(fatta con quel poco che ho trovato in dispensa dopo qualche giorno fuoricasa io, dentrocasa lui – flam nur inin, la luce dei miei occhi).

2 barattoli di pomodori pelati bio

3 peperoncini Peter Pepper (sostituibili con peperoni verdi dolci tipo i friggitelli o piccanti secondo il vostro gusto)

500 ml di brodo vegetale (fatto col dado ma bio e senza glutammato)

10-12 foglie di basilico

1 bicchiere di latte di cocco

1 pizzico di zucchero

olio e.v.o bio q.b.

Sale integrale q.b.

Io ho passato i pomodori pelati per eliminare i semi (ma potrete evitarlo facilmente e frullarli nella zuppa quando più avanti dovremo usare il frullatore a immersione) e li ho messi in un tegame con un goccio di olio e i peperoncini privati dei semi e tagliati a pezzetti; ho iniziato a scaldarlo aggiungendo un po’ di zucchero per togliere l’acidità. Ho preparato il brodo aggiungendo al dado le foglie di basilico per poi versarlo nel tegame col pomodoro. Ho vivacizzato la fiamma e aggiunto un po’ di sale lasciando cuocere per 25-30 minuti coprendo e abbassando il calore dopo i primi 10-15. Infine ho spento e frullato tutto col frullatore a immersione. Una volta intiepidita la zuppa ho aggiunto un bicchiere abbondante di latte di cocco e aggiustato di sale.

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L’ho servita ben fresca (almeno 3 ore in frigo) con crostini di pane respirando il profumo di basilico.

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È germogliato un amore

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Avete presente i germogli di soia?

(…)

Quelli del supermercato che sanno tremendamente di erba? (…)

Quelli che avete conosciuto e acquistato in seguito al boom di ristoranti cinesi degli anni ottanta? E che dopo un paio di giorni dall’acquisto lasciano nella vaschetta di plastica quell’acquetta giallognolonerastra (ebbene si, sono l’incubo della Pantone) così inquietante e dall’odore pungente? Ecco, quelli io non li ho mai potuti sopportare. – E forse si intuiva…

(un po’ di tempo dopo…)

Ma veniamo al punto

Signore e signori oggi vi parlo del mio nuovo amore per i germogli.

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Un amore che è ancora un germoglio, un flirt diciamo, ma che con le dovute condizioni astrali si potrebbe trasformare in una passione bruciante…e sì che per lo più i germogli si mangiano crudi!

Una piccola scintilla scattò una sera a cena a casa di Flora (che se mai dirigerò un film, avrà questo titolo). E insomma, arrivarono in tavola bel belli e distesi su un vassoio, avviluppati e vaporosi, brillanti, dei germogli di ravanello e di porro. E fu davvero una bella scoperta. Una sorpresa di delicatezza ma contemporaneamente di sapidità e freschezza.

Nonostante questo, la cosa morì lì. Ma si sa che a volte, perché ci si incontri in amore, il tempismo è tutto; e forse quello non era il nostro momento.

Ma insomma nel frattempo le cose cambiano, gli orizzonti si ampliano e le esperienze culinarie anche, la salute, il benessere, la gola, la voglia di sperimentare etc… etc…

e oggi mi ritrovo con un germogliatore in casa. Per quanto lo userò? Quanto durerà la nostra storia? Non lo so, ma se son rose fioriranno.

E se son semi germoglieranno!

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Pare che i germogli abbiano tantissime proprietà benefiche contenendo grandi quantità di vitamine, minerali e fibre. E devo dire che sono anche molto buoni(non tutti però!). Benché la mia esperienza sia estremamente breve (al momento ho scoperto che i germogli di ravanello mi piacciono e si ottengono con facilità, che i germogli di cicoria per il mio gusto sono troppo amari (e si che a me la cicoria piace tanto!) e sto facendo il tifo per i germogli di porro che mi sembrano così piccoli e delicati – inerti – da farmi temere per il fallimento.

A proposito di fallimenti, io il germogliatore me lo sono fatto in casa assemblando vari cestelli per la bollitura e la cottura al vapore delle verdure e pare che funzioni; però il mio primo tentativo l’avevo fatto con il sistema delle vaschette di plastica, e i germogli si erano ammuffiti tutti. Stavo quindi per cedere alla tentazione di ordinarne uno su internet quando mi è venuta l’idea dei cestelli evitandomi di comprare qualcosa che poi avrei dovuto collocare riavviando il tetris di tutte quelle volte che devo inserire un nuovo attrezzo da cucina o stoviglia nel mio cucinotto.

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Mi sto documentando e un valido aiuto per destreggiarsi è venuto dal bellissimo libro di Rita Galchus “germogli in casa” (logosedizioni) in cui si mostrano diversi sistemi di germinazione, le varie proprietà e i diversi tipi di semi e di loro utilizzo, i temi di ammollo, la resa secondo il quantitativo di semi da germinare e così via.

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A grandi linee comunque funziona così:

in un contenitore dal fondo forato che permetta la scolatura di acqua e che abbia un vassoio che la possa raccogliere (o in un barattolo col tappo a rete) si mettono dei semi (bio!) precedentemente ammollati 

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sul fondo dei cestelli ho messo della garza perché i semi della cicoria erano molto piccoli e passavano dai buchi di filtraggio

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e tenendoli coperti si passano sotto l’acqua due volte al giorno fino a quando il germoglio spunterà e crescerà arrivando alla grandezza desiderata (2-4 cm).

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A questo punto si lasciano alla luce per qualche ora (circa 4) affinché avvenga il processo di fotosintesi e diventino verdi per la clorofilla.

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Poi si prende quest’esplosione di vita e la si mangia: in insalata, insieme alla quinoa, nelle zuppe, in un pesto, in un panino imbottito… nello yogurt, a manciate… saltati in padella…

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in insalata, conditi con olio e gomasio
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con la “finta parmigiana” per abbatterne l’acidità
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Insieme al pesto di rucola e mandorle tra due fette di pane ai semi oleosi dell’azienda Gli amici del Cerro

Spicciola cronaca di una sera qualunque ma non così qualunque perché è la sera di un giorno parecchio pesante.

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Mi son messa a pulire dopo cena.

Era tanto.

Ho iniziato intenzionata a scrivere, non so cosa ma qualcosa. Mi son detta non ce la faccio, e son rimasta sul divano. Son partita a preparare alcune cose per lavoro intenzionata ad infilarmi poi nel letto e son finita a pulire il bagno passando per la cucina.

Ora in sottofondo musica di tango e il ronzio dell’essiccatore.

poche ore prima….

I parenti della massaia contemporanea

CASALINGO VINTAGE che prepari stasera?

MASSAIA CONTEMPORANEA Eehhh stasera muscolo di grano…

CASALINGO VINTAGE Ah

MASSAIA CONTEMPORANEA è mercoled…

CASALINGO VINTAGE mercoledì vegano, ti becchi il muscolo di grano!

MASSAIA CONTEMPORANEA 😀

Muscolo di grano con carciofi e habanero orange

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Del “muscolo di grano” ho già parlato qui, non mi dilungherò molto quindi se non aggiungendo che adesso si trova anche alla Coop (I love COOP).

Quella di cui vi parlo oggi è sicuramente la maniera migliore in cui lo ho preparato:

1 confezione di “straccetti” di muscolo di grano

4 carciofi spinosi*

1 carota*

1 spicchio d’aglio*

olio e.v.o*

gomasio (o sale)

Salsa di soia

1 bicchiere di brodo vegetale

peperoncino habanero orange

Pulire e tagliare a spicchi non troppo spessi i carciofi, saltarli in padella con un goccio d’olio e uno spicchio d’aglio, aggiungere la carota tagliata a bastoncini. Dopo qualche minuto insaporire con del gomasio o sale (non troppo perché poi ci penserà la salsa di soia a dare sapidità) e infine bagnare con 2-3 cucchiai di salsa di soia. Farla ritirare a fiamma vivace dopodiché aggiungere la metà del brodo e portare quasi a cottura le verdure. 5 minuti prima che siano definitivamente cotte aggiungere gli straccetti, un altro po’ di brodo e infine una punta di peperoncino habanero orange (ma anche peperoncino normale o pepe se si preferisce). Ultimare la cottura e servire.

Fettunta all’alpina e patate ripiene: tempo di funghi!

tempo di funghi
tempo di funghi

Per lo scorso mercoledì-veg ho optato per una cena a base di funghi porcini. D’altronde quest’anno non dovrebbe essercene penuria e il costo mi pare abbordabile. Li cucino raramente perché in famiglia non ci sono cercatori e non amo comprare funghi coltivati magari provenienti da zone piuttosto lontane. Ma ho trovato dei funghi degni di questo nome al mercato e quindi mi sono prontamente messa ai fornelli. 

Pulire i funghi è una pratica che mi mette sempre un po’ in ansia; non dovendo usare l’acqua (o almeno in quantità molto ridotta) e usando solo lo spazzolino apposito per le verdure ho sempre paura o di pulirli troppo poco e ritrovarmi poi la terra in bocca o di procedere troppo bruscamente e sciuparli. Direi che per stavolta è andata bene e siccome le cappelle erano sane ho deciso di farle sulla griglia usando invece i gambi per delle patate ripiene. 

Fettunta all’alpina:

(ma cos’è la fettunta lo sapete? In Toscana si chiama così la bruschetta, fatta con pane toscano – quindi non salato, tipo la “bozza di Prato”, il pane del Mugello o di Altopascio – abbrustolita, strofinata d’aglio e condita con olio e.v.o e sale)

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Dopo averle pulite e separate dai gambi fare 2-3 incisioni sulle cappelle e infilarci una fettina di aglio e qualche fogliolina di nipitella (mentuccia). Adagiarle sulla griglia calda e cuocerle da ambo i lati finché non si saranno ammorbidite e, in senso figurato, un po’ affrittellate. 

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Contemporaneamente abbrustolite delle fette di pane toscano, conditele con olio e sale (e l’aglio per chi lo digerisce) e una volta cotte adagiateci sopra le cappelle di porcini su cui avrete passato un filo d’olio e un pizzico di sale. Se avete delle foglie di alloro infilatene una su ogni fungo a mo’ di piuma sul cappello degli alpini. 

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10 e lode

Con i gambi rimanenti potrete fare qualunque cosa, dai funghi trifolati al sugo per la pasta. Io ho sperimentato!

Patate ripiene:

patate ripiene di funghi porcini
patate ripiene di funghi porcini

Lessate in acqua salata e con la buccia due patate abbastanza grandi e dalla forma regolare facendo attenzione alla cottura che deve essere a puntino (meglio un po’ più crude che sfatte, in caso potrete tenerle un po’ di più in forno). Passatele sotto l’acqua corrente e aspettate che si siano freddate poi sbucciatele e tagliatele a metà per il lungo; asportate la parte centrale (che potrete riunire all’impasto in un secondo momento) con un cucchiaio facendo attenzione che non si rompano, ottenendo così 4 barchette. 

In una teglia fate rosolare nell’olio 1-2 spicchi d’aglio e buttateci i funghi affettati e abbondante prezzemolo tritato; salare, pepare e sfumare con un po’ di vino bianco. 

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Io poi ho proceduto con la versione veg aggiungendo panna di soia ma con il latte vaccino (e in ultimo un po’ di parmigiano grattugiato) andrà anche meglio. Una volta ultimata la cottura, cospargete le barchette con un pizzico di sale e un filo d’olio riempiendone poi la cavità con i funghi. Passate in forno caldo per circa 10-15 minuti.

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n.b. La qualità e il tipo di patata sono fondamentali per la buona riuscita di questa ricetta, le mie non erano molto adatte 😦

Marmellata di peperoncini

IMG_1146È settembre, mese di ri-partenze: si riparte con la scuola, col lavoro e anche con le vacanze – no, non è un refuso, io le vacanze vere devo ancora farle. Un settembre ancor più nostalgico quest’anno, perché malinconico di un’estate che non fu. Un’estate che ci ha lasciato senza scorte per l’inverno (poco sole, poco calore, come reagirà il nostro corpo? e la nostra mente?)…

…niente scorte tranne quella di peperoncini. Si perché il mio orto sul balcone ha dato buoni frutti e tra peperoncini calabresi, habaneros e peperoncini tradizionali, il mio sarà un inverno hot.

IMG_0978Da qualche anno con mi corazón abbiamo l’abitudine di includere nel nostro orto urbano i peperoncini, per fare la marmellata. Quelli tondi come palloncini (che si possono fare anche ripieni) che quest’anno col poco sole e l’acqua abbondante sono venuti polposi, cicciotti; poco piccanti rispetto al solito purtroppo. Ma a pareggiare il conto in cucina ci penserà il messicano.

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La marmellata di peperoncini è molto buona con i formaggi, in particolare quelli freschi; ma si accosta bene anche alla carne – lesso, bollito, fiorentina – e la parte più noiosa della realizzazione è la pulitura: i peperoncini vanno lavati, aperti e svuotati dei semi (con guanti e in un luogo ben arieggiato), per il resto è piuttosto veloce.

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pulendo peperoncini sul terrazzo

 

Ingredienti:

(la dose mi è stata imposta dall’orto…voi però potete farne anche meno…o di più!)

Peperoncini tondi calabresi (già puliti) 1200gr

Zucchero 600gr

½ bicchiere d’acqua

1-2 cucchiai di aceto di mele

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Dopo aver pulito i peperoncini e averli fatti a pezzetti grossolani, mettere tutti gli ingredienti sul fuoco e far cuocere coperti finché i peperoni non saranno belli morbidi. Togliere il coperchio e far evaporare un po’ di liquido se necessario. A quel punto col frullatore ad immersione frullare tutto fino ad ottenere una consistenza bella liscia – fate la prova del piattino e capirete se necessita di ulteriore cottura per addensarsi; altrimenti procedete ad invasare nei barattoli sterilizzati. In alternativa al frullatore a immersione, in caso di peperoncini molto piccanti, potrete usare il passatutto che eliminerà la buccia lasciando la marmellata più dolce, ma io consiglio la prima soluzione.

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p.s. conoscete l’Accademia Italiana del Peperoncino?

IL TAGLIE.RE

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Adoro gli utensili in legno, e il tagliere è il loro Re. Sogno di cucine sconfinate in cui troneggi Lui, grande, pesante e che sa di olivo.

E invece ho un cucinotto e i taglieri dell’ikea (che San Francesco Caracciolo mi perdoni). Almeno fino a pochi giorni fa quando, nel mio cucinotto, è arrivato i’ principino. Omaggio inaspettato giunto a cavallo della cortesia.

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Un tagliere dell’Antica Macelleria Falorni, di quelli usati per servire in tavola; così, per sognare la loro tartare di vitellone alla “sbriciolona” e fichi secchi – e dico sognare perché oggi è il mercoledì-veg!

L’ho trattato come si confà, ovvero con olio di semi (bio naturalmente) passandolo su tutta la superficie due volte a distanza di un giorno, procedimento che, a quanto ho appreso nel documentarmi un po’, è buona regola fare 2 volte l’anno.

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Ci sono vari tipi di olio che si possono usare: naturalmente l’olio di oliva ma alcuni sostengono che irrancidisca e che quindi sia meglio procedere con un olio di semi (lino, girasole…); oppure l’olio di vaselina enologico/farmaceutico. A questo link trovate consigli semplici per una pulizia regolare e curata degli utensili in legno.

Un mercoledì-veg di metà luglio

 

Un mercoledì-veg di metà luglio
Un mercoledì-veg di metà luglio

 

Avete mai mangiato le foglie di carota?

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Io le ho provate per questo #mercoledìveg come contorno al muscolo di grano con le cipolle – oltre ad un pinzimonio di carotine mignon.

Mi era capitato negli ultimi giorni di sentire o leggere della commestibilità e bontà dei ciuffi verdi delle carote e stasera, ritrovandomi con delle carotine molto giovani, biologiche e appena colte ho pensato che fosse l’occasione giusta per cimentarmi. Spulciando qua e là ho scelto una ricetta che potesse fungere da contorno (molti le consigliano per un pesto o per la frittata):

le foglie di carota in padella

– ciuffi di foglie di un mazzo di carote

– capperi

– uno spicchio d’aglio

– olio

– vino bianco

– pomodorini semisecchi sott’olio

(volendo insieme ai capperi si può aggiungere qualche acciuga ma non per il mercoledì-veg!)

Lavare bene i ciuffi di carota, eliminando buona parte del gambo a meno che non sia particolarmente tenero, e sbollentarli per 3-4 minuti.

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Intanto saltare in padella con olio, uno spicchio d’aglio e qualche cappero tritato grossolanamente; dopo aver scolato piuttosto bene le erbe, sminuzzarle e buttarle nella padella a fuoco vivace per qualche minuto dopodiché versarci sopra due dita di vino bianco e lasciar evaporare sempre a fuoco sostenuto. Quando il vino sarà volato via aggiungere qualche pomodorino semisecco sott’olio (io uso i FiorFiore Coop che mi piacciono tantissimo!). Pepare e lasciar cuocere aggiungendo un po’ d’acqua se necessario.

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Mi sono risultate comunque poco tenere ma credo dipenda proprio dalla loro natura. Il sapore non era male e mi ha ricordato qualcosa che ancora però non sono riuscita ad individuare…

E il muscolo di grano lo conoscete? 

Straccetti di muscolo di grano
Straccetti di muscolo di grano

Si tratta, come concetto, di qualcosa di simile al seitan ma che sinceramente trovo più buono oltre a non essere interamente fatto di glutine – ma anche di legumi, in particolare lenticchie – cosa che mi rende, non so bene perché, poco simpatico il seitan appunto.

Io l’ho conosciuto tramite il mio (mitico) gruppo d’acquisto ma ora si trova anche alla Coop, della stessa azienda solo con un packaging più figo (bah, neanche tanto figo).

Non tutti i formati mi piacciono, si va dal filetto allo spezzatino alla bresaola, soprattutto per come vengono drogati ma anche perché alcuni rimangono poco morbidi; mi piacciono molto però gli straccetti, che rimangono morbidi, sono conditi in un modo che mi piace e in 5-10 minuti sono pronti. Buon giorno-veg, qualunque sia, anche tutti!

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Il DOGMA della mia prima volta

 


Il DOGMA della mia prima volta

Signore e signori vi racconto la mia prima volta!

Nessun contenuto “hot” però, solo ironia – per quanto, proprio l’ironia mi risulti estremamente sexi. Mi riferisco alla “mia prima volta” nel ruolo di foodblogger in prima linea, quella che va nei posti ganzi, li fotografa, si informa prima-durante-dopo l’incursione, assaggia i piatti forti, li recensisce scrivendo un ottimo post sul suo blog e, guadagnandosi una buona reputazione tra i suoi lettori, diventa pian piano un cosiddetto “influencer”. Come è stata la mia interpretazione? Scarsina, quasi dilettantistica; ne conseguirà un articolo sfigato che gioca al ribasso per risultare simpatico. Siete avvisati, prendetelo come un dogma.

Nei miei pensieri, questa prima volta mi avrebbe vista organizzata, figa, preparata. Invece ero in cerca delirante di una penna.

E per fortuna che il locale è accogliente, ben curato ma senza incutere soggezione; ci invitano a sederci dove preferiamo e chissà come, finisco proprio col volto rivolto verso la lavagna del menù del giorno.

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I dubbi amletici iniziano ad assalirmi:

  1. glielo dico che vorrei scrivere un post su di loro?

  2. sembrerò maleducata se mi beccano a fotografare?

  3. si, bisogna che chieda il permesso

  4. allora gli devo dire il motivo

  5. ma se glielo dico prima di mangiare sembra che voglia una cura particolare

  6. ma se glielo dico dopo, sembra fatto a tradimento

  7. scommetto che Edoardo Raspelli non ha mai avuto di questi dubbi.

Insomma, alla fine ho blaterato qualcosa su un fantomatico blog e un’amica in comune e ho ordinato un’insalata mista.

E qui possono partire cori e fischi:

Lettore: Invece di assaggiare i mezzi paccheri alla crema di piselli, il taboulé di cous cous o il seitan alla siracusana hai preso un’insalata mista?

Io: Si, ma giuro che ho osservato attentamente i piatti dei miei vicini di tavolo.

E a mia discolpa posso addurre un elemento probante: la scheda per comporre la “mia” insalata. Potevo forse rinunciare ad un lapis e ad un foglio tutto colorato su cui scrivere? Potevo rinunciare a quello che aveva tutta l’aria di un giochino? no. E quindi vada per l’insalata, che è risultata buona e tanta.

 

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la foto non rende giustizia alle dimensioni (e in fatto di cibo non la penso come nel sesso: le dimensioni sono importanti!)

 

 

Ruminando la verdura, e rimpinzandomi di pane oltre ogni mia intenzione, penso che quello che mi interessa di più è il progetto che sta alla base di questo tavolino, di quel menù e delle materie prime che compongono i piatti e che ve la devo raccontare:

il proprietario del DOGMA è Salvo, un ragazzo siciliano che ha cambiato la sua vita professionale cogliendo un’occasione che gli si è presentata qui a Firenze (si, siamo a Firenze). Con lui si è imbarcata Olachi, la ragazza che lo affianca in sala e lo chef, Antonio, che dalla Sicilia lo ha raggiunto per essere l’anima intransigente della cucina (“neanche per un caso i piselli surgelati possiamo comprare” mi dice Salvo parlando di Antonio). Si, perché al DOGMA partono solo dalle materie prime, non c’è niente di già pronto; i prodotti sono al 99% BIO anche se ancora non possono scriverlo per questioni di carattere burocratico e anche i mobili se li sono fatti in gran parte da soli assemblando materiali di scarto ma con una cura e una riuscita assolutamente credibili.

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I piatti, principalmente vegani (e io ci sono venuta apposta per il mio mercoledì-veg), sono cucinati sulla base di ricette siciliane le cui materie prime essenziali, quelle senza le quali i piatti non avrebbero un sapore tradizionale, arrivano direttamente dall’isola patria anche a costo di notevoli complicazioni. E io gliene sono grata, perché il cannolo siciliano che ho mangiato dopo l’insalata, riempito al momento, era da 10 e lode.

BIEP! BIEP! BIEP! ALLARME ROSSO BIEP! BIEP! BIEP!

IL-CANNOLO-NON-ERA-VEGANO IL-CANNOLO-NON-ERA-VEGANO

BIEP! BIEP! BIEP!

Si ok ho sgarrato, mea culpa, ma voi che avreste fatto?!

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Apprezzate almeno la sincerità e credetemi se vi dico che un pranzo qui vale la pena (per adesso non coprono servizio cena ma stanno organizzandosi per iniziare a settembre) magari di lunedì, perché potreste trovare un buffet a prezzo fisso con la formula “all you can eat” e Salvo che vi parla dell’oliva “iblea” e del suo olio. Io ci torno sicuramente.

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Se volete altre informazioni potete andare sulla pagina fb o scrivere a dogmacafe@libero.it

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