Biscotti gluten free alla pasta di nocciole

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Questi biscotti nascono dalla necessità e dalla voglia di usare il burro di nocciole che ho fatto nel tentativo (fallito) di fare la crema di nocciole. La cosa è semplicissima, si tratta di frullare delle nocciole pelate e tostate fino a far fuoriuscire dal frutto, l’olio che contiene naturalmente. Ciò che è necessario per arrivare ad una consistenza liscia e facilmente spalmabile è un frullatore potente (almeno 800W); il mio non lo è abbastanza e, per non rischiare di fonderlo, mi devo fermare ad una consistenza molto densa, simile alla pasta di mandorle, ma senza zucchero.

Per il burro di nocciole:

  • nocciole spellate e tostate (la quantità che desiderate)

  • un pizzico di sale

  • 1-2 cucchiai di olio di sesamo 

Metti nel frullatore le nocciole e inizia a frullare (prima a intermittenza e poi continuativamente) fino ad ottenere una farina. Aggiungi un pizzico di sale e continua a frullare e vedrai che la farina di nocciole inizierà a rilasciare la parte grassa. Se vedi che il frullatore si surriscalda interrompi per qualche secondo, e aggiungi l’olio di sesamo per facilitargli il compito.

Se il tuo frullatore è potente potrai spingerti oltre e ottenere la crema di nocciole (che potrai dolcificare a piacere) usandola invece che per i biscotti, per spalmarla sul pane o su una fetta biscottata: come base per la marmellata, è buonissima!

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Per i biscotti:

  • 100gr di pasta di nocciole

  • 100gr di farina di riso

  • 2 cucchiai di zucchero di canna chiaro (io l’ho frullato un po’ affinché non rendesse troppo granuloso l’impasto dei biscotti

  • 1 uovo

Unisci la pasta di nocciole, la farina di riso e lo zucchero in una ciotola e inizia ad impastare,

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poi aggiungi l’uovo intero sbattuto e impasta nuovamente fino ad ottenere un panetto liscio, simile a quello della pasta frolla.

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Rivesti una teglia o la placca del forno con della carta da forno e inizia a formare i biscotti partendo prima con una pallina per poi schiacciarla un po’, come si fa con le polpette.

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Scalda il forno a 170° e cuoci i biscotti 10-12 minuti per lato. Se a fine cottura risultassero ancora umidi all’interno prosegui la cottura per un altro paio di minuti, ma potrebbe essere sufficiente lasciarli raffreddare all’interno del forno una volta spento.

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Risulteranno dei biscotti poco dolci ma dall’intenso aroma di nocciola.

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Sostituendo la farina di riso con quella di grano saraceno ho provato a realizzare delle crostatine e il risultato è stato davvero ottimo!

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Una cuoca conTurbante!

Coprirsi il capo per cucinare è sicuramente buona pratica; e i motivi sono principalmente igienici: col capo coperto si evita che un capello possa cadere in una pietanza e si impedisce alla propria chioma di stare alla mercé dei fumi delle padelle assorbendo tutti gli odori della cucina.

A livello professionale poi ci sono motivi d’immagine perché sicuramente uno degli elementi con cui identifichiamo un grande cuoco è la Toque blanche,

il cappello dello chef che, in forme diverse, rappresenta una gerarchia che dallo chef arriva al capocuoco e dall’apprendista allo sguattero.

La Toque blanche è di origine francese, risale all’Ottocento e oggi si presenta come un cilindro bianco alto circa 30-35 cm (25 per i pasticceri) ma privo del famoso sbuffo apicale che a me ha sempre ricordato un soufflé.

Per i motivi suddetti anche in casa, stando tra i fornelli, è bene coprire la testa e se per gioco, nel cassetto degli strofinacci, ho una Toque, per praticità è più facile che abbia usato una bandana o una bella pezzòla da contadinella (come l’avrebbe chiamata la mia nonna). Il fazzoletto però tende a schiacciare i capelli e da riccia alla continua e spasmodica ricerca di volume (pump up the volume!) mi sono messa alla ricerca di un’alternativa, soprattutto sapendo che tra qualche giorno dovrò cimentarmi in un’esperienza tutta nuova per me: mi occuperò di cucinare i pranzi per i bambini di un centro estivo che si svolgerà in una fattoria didattica nel Mugello. Si tratta di bimbi che stanno vivendo una difficile esperienza oncologica e quindi questa volta, mi rapporterò ad un problema che solitamente affronto col naso rosso della Dottoressa Molletta, nei panni della Massaia contemporanea, con in testa…un turbante!

Di questo elemento ornamentale risalito agli onori modaioli ormai da qualche anno possiedo un paio di esemplari: uno in shantung di seta che certo non userei in cucina e uno in cotone che però uso principalmente al mare, sulla spiaggia. E così, come spesso accade, mi sono ingegnata e autoprodotta dei turbanti da cucina con del tessuto non tessuto, un po’ di fil di ferro e dei timbri.

Sarò emozionata, sudata e fashion!

Riso&Rosa

Sai cosa?

Mi prendo un po’ di polvere di rosa.

Col sorriso unisco l’acqua di riso

e impasto una maschera da viso.

Polvere di rosa damascena di Le Erbe di Janas , azienda sarda che produce erbe per la cura e la bellezza di corpo e capelli. La si può acquistare on line o nelle bio-profumerie

Mescolo bene

scaccio le pene

mi bèo del colore

non penso al dolore.

Sono (bugiarda!) assai calma,

con le dita la crema si spalma.

Aspetto: 1, 2, 3…10 minuti

e quando finalmente son finiti

tenere in posa 10-15 minuti prima di risciacquare

sciacquo e mi rimiro

mi guardo in giro

tocco e constato

il dolce morbido risultato.

La rosa damascena – o mosqueta – ha proprietà molto utili per la pelle: illuminante, addolcente, lenitiva e rinfrescante. È indicata per ogni tipo di pelle ma giova particolarmente a pelli mature e sensibili. Sotto forma di polvere, ottenuta dai petali essiccati, è ottima per realizzare maschere di bellezza.

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Io l’ho unita all’acqua di cottura del riso, tiepida (e naturalmente senza sale), che ha anch’essa proprietà emollienti e idratanti per la pelle. Dopo averla tenuta in posa, l’ho rimossa con una spugnetta indi ho sciacquato e terminato la routine di bellezza applicando un siero all’acido ialuronico; ma ognuno ovviamente potrà applicare ciò che preferisce: tonico, crema, gel oppure niente.

Una cascata di riccioli (Spaghetti di zucchine al pesto fantasia)

Quella degli spaghetti di zucchine mi sembrava quasi una leggenda metropolitana; ho visto fior fior di fotografie su Instagram, ho letto articoli di foodbloggers che fanno tendenza, ho letto varie ricette e infine li ho assaggiati – ma cucinati da uno chef (ovvero persona capace e avvezza alla più complessa manualità culinaria). Ma io immaginavo cuochine bugiarde che immortalavano set fasulli – con spaghetti di grano arrotolati e poi tinti di verde – dopo aver scagliato contro la parete la macchinetta infernale, la spiralizzatrice (!!!), che poc’anzi probabilmente aveva spappolato 600-700gr abbondanti di bio zucchine perfette, dritte come fusi e belle sode. 

E invece no, l’aggeggio funziona davvero e io stasera mi sono mangiata un bel piatto di spaghetti di zucchine conditi con un pesto che era la fine del mondo e che, benché felice di aver contribuito al successo della cena, ad un certo punto mi ha fissata mandandomi un messaggio telepatico che diceva più o meno così:

< domani ci si riprova con la roba seria eh, che altrimenti mi va a male la reputazione! >  

Quindi di seguito troverete la ricetta degli spaghetti di zucchine al pesto fantasia; sughetto che ben si adatterà anche ad un bel piatto di pasta tradizionale. 

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Per gli spaghetti:

una volta acquistato lo spiralizer preferito, scegliete attentamente le zucchine: naturalmente saranno bio; abbastanza grosse di diametro (secondo le dimensioni del proprio neo attrezzo); senza troppe imperfezioni e piuttosto dritte, per facilitarne il taglio.

Eliminate le estremità e togliete la buccia se volete – seguite i vostri gusti ed eventualmente aiutatevi con un pelapatate.

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Procedete alla formazione dei riccioli e una volta terminata questa operazione scaldate una piastra o una padella antiaderente, ungetela leggermente strofinandola con un tovagliolo imbevuto d’olio. Una volta calda, cospargete la piastra con un po’ di gomasio (facoltativo); aggiungete gli spaghetti e senza toccarli fate andare un paio di minuti a fuoco vivo poi toglieteli e conditeli col pesto.

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Preparate prima il pesto, così potrete dedicarvi all’ultimo momento al taglio delle verdure che in tal modo saranno belle croccanti e fresche.

Per il pesto:

  • basilico fresco bio 20 gr

  • foglie di menta secondo i gusti (considerate che la freschezza della menta deve essere ben chiara tra i sapori, senza però divenire sentore troppo acuto)

  • mandorle spellate 1 cucchiaio

  • pinoli 1 cucchiaio

  • succo di limone 1 cucchiaio

  • formaggio spalmabile 1 cucchiaio (io philadelphia senza lattosio)

  • due pomodori da insalata non troppo grandi (tolti i semi e le costole più dure e tagliati a pezzi)

  • 1 pomodoro secco

  • olio q.b

  • sale e pepe q.b

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Unire tutti gli ingredienti e frullare col frullatore a immersione procedendo poco alla volta nell’aggiungere l’olio fino a raggiungere la consistenza cremosa tipica dei pesti. Se prima di condire il piatto, il pesto si fosse un po’ rappreso, stemperatelo con poca acqua tiepida.

Della composizione del piatto:

  • mozzarella fiordilatte

  • olive nere denocciolate

Una volta conditi gli spaghetti (avendo l’accortezza di non smuoverli troppo affinché non si spezzino), impiattarli cospargendone poi la sommità con una dadolata di mozzarella e olive.

Un filo d’olio e bon appetit!

 

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È germogliato un amore

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Avete presente i germogli di soia?

(…)

Quelli del supermercato che sanno tremendamente di erba? (…)

Quelli che avete conosciuto e acquistato in seguito al boom di ristoranti cinesi degli anni ottanta? E che dopo un paio di giorni dall’acquisto lasciano nella vaschetta di plastica quell’acquetta giallognolonerastra (ebbene si, sono l’incubo della Pantone) così inquietante e dall’odore pungente? Ecco, quelli io non li ho mai potuti sopportare. – E forse si intuiva…

(un po’ di tempo dopo…)

Ma veniamo al punto

Signore e signori oggi vi parlo del mio nuovo amore per i germogli.

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Un amore che è ancora un germoglio, un flirt diciamo, ma che con le dovute condizioni astrali si potrebbe trasformare in una passione bruciante…e sì che per lo più i germogli si mangiano crudi!

Una piccola scintilla scattò una sera a cena a casa di Flora (che se mai dirigerò un film, avrà questo titolo). E insomma, arrivarono in tavola bel belli e distesi su un vassoio, avviluppati e vaporosi, brillanti, dei germogli di ravanello e di porro. E fu davvero una bella scoperta. Una sorpresa di delicatezza ma contemporaneamente di sapidità e freschezza.

Nonostante questo, la cosa morì lì. Ma si sa che a volte, perché ci si incontri in amore, il tempismo è tutto; e forse quello non era il nostro momento.

Ma insomma nel frattempo le cose cambiano, gli orizzonti si ampliano e le esperienze culinarie anche, la salute, il benessere, la gola, la voglia di sperimentare etc… etc…

e oggi mi ritrovo con un germogliatore in casa. Per quanto lo userò? Quanto durerà la nostra storia? Non lo so, ma se son rose fioriranno.

E se son semi germoglieranno!

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Pare che i germogli abbiano tantissime proprietà benefiche contenendo grandi quantità di vitamine, minerali e fibre. E devo dire che sono anche molto buoni(non tutti però!). Benché la mia esperienza sia estremamente breve (al momento ho scoperto che i germogli di ravanello mi piacciono e si ottengono con facilità, che i germogli di cicoria per il mio gusto sono troppo amari (e si che a me la cicoria piace tanto!) e sto facendo il tifo per i germogli di porro che mi sembrano così piccoli e delicati – inerti – da farmi temere per il fallimento.

A proposito di fallimenti, io il germogliatore me lo sono fatto in casa assemblando vari cestelli per la bollitura e la cottura al vapore delle verdure e pare che funzioni; però il mio primo tentativo l’avevo fatto con il sistema delle vaschette di plastica, e i germogli si erano ammuffiti tutti. Stavo quindi per cedere alla tentazione di ordinarne uno su internet quando mi è venuta l’idea dei cestelli evitandomi di comprare qualcosa che poi avrei dovuto collocare riavviando il tetris di tutte quelle volte che devo inserire un nuovo attrezzo da cucina o stoviglia nel mio cucinotto.

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Mi sto documentando e un valido aiuto per destreggiarsi è venuto dal bellissimo libro di Rita Galchus “germogli in casa” (logosedizioni) in cui si mostrano diversi sistemi di germinazione, le varie proprietà e i diversi tipi di semi e di loro utilizzo, i temi di ammollo, la resa secondo il quantitativo di semi da germinare e così via.

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A grandi linee comunque funziona così:

in un contenitore dal fondo forato che permetta la scolatura di acqua e che abbia un vassoio che la possa raccogliere (o in un barattolo col tappo a rete) si mettono dei semi (bio!) precedentemente ammollati 

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sul fondo dei cestelli ho messo della garza perché i semi della cicoria erano molto piccoli e passavano dai buchi di filtraggio

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e tenendoli coperti si passano sotto l’acqua due volte al giorno fino a quando il germoglio spunterà e crescerà arrivando alla grandezza desiderata (2-4 cm).

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A questo punto si lasciano alla luce per qualche ora (circa 4) affinché avvenga il processo di fotosintesi e diventino verdi per la clorofilla.

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Poi si prende quest’esplosione di vita e la si mangia: in insalata, insieme alla quinoa, nelle zuppe, in un pesto, in un panino imbottito… nello yogurt, a manciate… saltati in padella…

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in insalata, conditi con olio e gomasio
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con la “finta parmigiana” per abbatterne l’acidità
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Insieme al pesto di rucola e mandorle tra due fette di pane ai semi oleosi dell’azienda Gli amici del Cerro

Salsa Spazzavento (che spazza via anche il freddo!)

Salsa Spazzavento

A distanza di un anno e mezzo dal mio viaggio di nozze, ancora oggi, in momenti improvvisi, mi assale la nostalgia della luce messicana. Una luce vasta, una luce vera. Io sono luce (solare) dipendente.

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Del viaggio in Messico ricordo molte cose e tra queste l’espressione di mio marito quando da “Urge Taquito” (ristorante messicano autentico, di quelli in cui si fermano i camionisti e le famiglie vanno per consumare il pranzo domenicale, sulla carretera cancun-tulum a Tulum-città) ha assaggiato una salsa arancione dall’aria non troppo innocua ma che ad esperienza fatta si può ragionevolmente definire letale. Le lacrime sono scese copiose, mangiare pane non è servito e neanche tenere per un tempo infinito la lingua immersa nel ghiaccio del margarita. Di che si trattava? Di una salsa a base di olio e “habanero orange”*, quello stesso tipo di habanero le cui piante dimorano sul nostro terrazzo da svariate settimane colorando l’orto urbano. Si, non c’è limite al masochismo, ma soprattutto, come spesso accade (a me) l’estetica ha prevalso sulla sostanza: non sono una grande consumatrice di peperoncino ma certo non lo disprezzo, le piante erano belle, nel loro acquisto ho sentito profumo di esotico e quindi le abbiamo comprate; si, c’era anche mio marito (!).

Una volta ottenuti tanti bei peperoncini però (oltre quelli calabresi con cui ho fatto la marmellata) cosa fare?

Una parte del raccolto
Una parte del raccolto di Habanero Orange

Ebbene, sono una donna fortunata con un amico appassionato e sempre più esperto in materia, che mi sopporta ogniqualvolta ho bisogno di delucidazioni su questo tema piccante. Massimo mi ha regalato una perla: la “Salsa Spazzavento”, di sua invenzione e dagli usi più ampi di quanto avrei immaginato:

6 peperoncini habanero orange

3 cipolle bianche

3 pomodori pelati

1 tazza di brodo vegetale

olio e.v.o

Pulire i peperoncini con le dovute precauzioni (guanti e locale ben ben ben aerato) e una volta tolti i semi (anche se mi viene il dubbio in questo preciso istante che il mio amico non li abbia tolti…!!!) metterli in un mixer con le cipolle. Mettere la “poltiglia” ottenuta a soffriggere in padella con l’olio per 2-3 minuti dopodiché aggiungere i pomodori e pian piano il brodo facendolo ritirare a fuoco molto lento. Se come me gradite una consistenza omogenea, prendete l’adorato frullatore a immersione e date una frullatina.

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Naturalmente, senza semi, cotti e uniti alla cipolla, anche i tremendi habanero orange – che hanno valori tra 80.000 e 350.000 nella “scala scoville” – si mitigano un po’, ma prima di usare la salsa raccomando vivamente di assaggiarla con cautela in modo da capirne l’effettiva piccantezza.

Come usare questa salsa?

Sicuramente in purezza sul pane abbrustolito, ma anche su un’insalata fredda di pollo. L’abbinamento più riuscito secondo me è con l’avocado e anche con i gamberi. Vi mostro qui sotto un paio di esperimenti davvero ben riusciti. 

Creare un letto di avocado tagliato a dadini e condito con un'emulsione di succo di lime, sale e olio e.v.o; cospargere con un po' di salsa spazzavento su cui adagerete delle mazzancolle o dei gamberi sgusciati e saltati in padella con olio e sfumati con succo di lime e tequila anejo.
Creare un letto di avocado tagliato a dadini e condito con un’emulsione di succo di lime, sale e olio e.v.o; cospargere con un po’ di salsa spazzavento su cui adagerete delle mazzancolle o dei gamberi sgusciati e saltati in padella con olio e sfumati con succo di lime e tequila anejo.
Pane pistoccu con straccetti di pollo in padella con verdure e aggiunta di salsa spazzavento.
Pane pistoccu con straccetti di pollo in padella con verdure e aggiunta di salsa spazzavento.

Se quello entrante sarà un inverno freddo, io ho già il mio antidoto.

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*ci sono tanti tipi di habanero, non fate come noi che lo credevamo nero, appunto… (anche perché il termine habanero non ha niente a che vedere col colore).

http://it.wikipedia.org/wiki/Habanero